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Fiat: Marchionne: «A rischio 2 stabilimenti su 5»

Di Andrea Barbieri Carones
Pubblicato il 24 feb 2012
Fiat: Marchionne: «A rischio 2 stabilimenti su 5»
Marchionne riflette sulla situazione degli stabilimenti Fiat non escludendo la chiusura di due impianti in Italia.

Marchionne riflette sulla situazione degli stabilimenti Fiat non escludendo la chiusura di due impianti in Italia.

Competitività o chiusura di due stabilimenti produttivi Fiat su 5 sul territorio italiano. Queste le parole lapidarie (rilasciate al Corriere della Sera) del CEO Sergio Marchionne in merito alla possibilità – ritenuta remota – che le esportazioni di auto del Lingotto verso gli Stati Uniti non vadano bene e le vetture non trovino sbocchi, complice anche un mercato europeo sottotono almeno fino al 2014.

Intanto i siti di Cassino, Pomigliano d’Arco, Mirafiori, Melfi e Atessa (in provincia di Chieti) resteranno al loro posto e continueranno a produrre. Il manager abruzzese, però, non ha precisato quali di questi 5 impianti potrebbe venir chiuso qualora le cose non andassero secondo i programmi.

Marchionne ha poi parlato del futuro di Chrysler e dei suoi rapporti azionari con Fiat sottolineando che l’obiettivo è una fusione per creare un unico gruppo con vari marchi al suo interno. Le strade da percorrere, alla fine, sono solo 3: “Un’offerta pubblica per le azioni di Chrysler, ipotesi meno probabile visto l’andamento dei mercati; Fiat completa la scalata all’interno dell’azienda del Michigan fino ad arrivare al 100%; fusione e quotazione azionaria di Chrysler.

Intanto sul piatto ci sono 7 miliardi di euro da investire nel corso del 2012, uno dei quali dovrebbe andare proprio nello stabilimento di Torino. Questa operazione potrebbe essere fatta senza un aumento di capitale ritenuto al momento inopportuno.

Marchionne si è poi soffermato a parlare dei rapporti con i sindacati e sulla questione dell’articolo 18: “Una parte delle sigle di rappresentanza dei dipendenti hanno capito i nostri sforzi mentre la Fiom ha mostrato un atteggiamento più rigido e i confronto è risultato difficile. Non capisco poi perché Susanna Camusso parli di me ma non parli con me. L’articolo 18? Esiste solo in Italia in questi termini ed è un freno allo sviluppo e agli investimenti stranieri. Sarebbe meglio garantire le stesse tutele ai lavoratori in uscita in modi diversi”.

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